Ti invidio. Anzi no, mi ispiri!

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Ciao a tutti e benvenuti all’ormai tradizionale appuntamento con la nostra newsletter. Invidia, tremenda invidia, stai lontana da me! E stai lontana dal mondo! Si, cari amici, perchè molto sinceramente penso che questo sentimento così negativo sia in realtà molto diffuso, anche più di quanto comunemente si pensi. E d’altronde, se persino due dei dieci comandamenti ordinano di non invidiare (la roba d’altri e la donna d’altri), un motivo sicuramente ci sarà. Ma anche senza sconfinare in un’invidia vera e propria, è abbastanza comune l’esperienza di considerare ciò che hanno gli altri (o addirittura la loro stessa vita) come migliore rispetto a quello che possediamo noi. Capita di percepire le esistenze degli altri come più felici e interessanti, anche se magari, ad una riflessione più attenta e razionale, si comprende che in realtà i nostri giudizi sono perlopiù superficiali, se non completamente errati. Attuali studi psicologici hanno cercato di analizzare il problema, arrivando a degli esiti molto particolari che meritano riflessioni. Da questo punto di vista, infatti, ho trovato un articolo interessante sul mensile “Mind-mente e cervello” (l’autrice è Paola Emilia Cicerone) che sostanzialmente confermerebbe la nostra tendenza ad attribuire agli altri soprattutto una vita sociale più entusiasmante rispetto alla propria. In particolare vengono citati gli studi di Sebastian Deri  e Thomas Gilovich, della Cornell University, realizzati insieme a Shai Davidai,della New School for Social Research, secondo i quali, confrontandoci con amici e parenti per ciò che concerne la loro e la nostra vita sociale, varrebbe il detto “l’erba del vicino è sempre più verde”. Michele Roccato, ordinario di psicologia sociale dell’Università di Torino, ha spiegato come le ricerche suddette confermino dati di studi precedenti, in particolare si potrebbero ricollegare alla teoria del confronto di Leon Festinger, secondo cui la concezione che nutriamo di noi stessi è strettamente connessa al paragone con gli altri. Roccato specifica proprio che questo bisogno di confrontarci con le altre persone nasce dal nostro non sapere quanto effettivamente valiamo, ed è in un certo senso per “semplificarci la vita” che utilizziamo scorciatoie cognitive destinate però a condurci in errore. Ad esempio, spiega Roccato, i primi coi quali tendiamo a confrontarci sono le persone più in vista (e già questo istintiva selezione, mi verrebbe da dire, non può che facilitare sbagli nella prospettiva di un paragone che dovrebbe essere più generale). Questo anche perchè, come si evince dagli studi di Deri e colleghi, cadiamo nello sbaglio di sovrastimare le informazioni più facilmente accessibili, in pratica guardiamo quelli in qualche modo più esposti da un punto di vista sociale, più visibili. Altra informazione importante contenuta nell’articolo suddetto: come racconta un altro studioso dell’argomento, Ed O’Brien (Università di Chicago), quando pensiamo alle esistenze dei conoscenti più in vista non facciamo riferimento alla loro vita quotidiana ma sempre alle loro giornate “sotto i riflettori”. E qui, cari amici, subentra prepotentemente il discorso facebook. Anche l’articolo tratta l’argomento dei social, citando ulteriori studi, ma è comunque palese a tutti che, osservando i profili di conoscenti e amici (ma in fondo, è bene non dimenticarlo, anche il nostro) sembra che il mondo e la vita siano una costante meraviglia, tutti pieni di amici, tutti in vacanza, alle feste, innamorati, felici e contenti. Ma facebook, naturalmente, non è la realtà, e non ne è neanche una sua realistica parvenza. E’ abbastanza chiaro che le foto postate ritraggano momenti gioiosi (per carità!) ma è conseguentemente indubbio che la nostra tendenza a valutare le vite altrui come più appaganti ne venga in qualche modo rinforzata. Considerando tutto questo, mi viene da dare alcuni consigli su come affrontare eventuali invidie o, quantomeno, diminuire la personale sensazione (non razionale) che l’erba del vicino sia sempre più verde. Sono i classici (ma mai banali) consigli “della nonna”, che mi auguro possano aiutarvi. Non è per esempio giusto, secondo me, evitare del tutto i confronti (come suggerisce, tra l’altro, lo stesso Deri) un pò perchè questo diventerebbe concretamente impossibile, ma anche perchè (è importante sottolinearlo) a volte i confronti sono necessari e davvero auspicabili, per “prendere le misure”, per capire a che livello si è e come e quanto si può migliorare (sempre ammesso che uno lo desideri). Ma la propria concentrazione e consapevolezza non devono dimenticare l’importanza dell’ unicità di ciascuno e di quanto, proprio per questo, ognuno si debba sentire speciale. Ciò non significa giocare al ribasso (si può sempre migliorare in qualcosa) ma avere coscienza che, comunque vada, la nostra unicità è indiscussa. Altra riflessione: la socialità è importante (fondamentale direi), ma avete mai pensato a quanto valore possono avere anche momenti di solitudine, di silenzio, di meditazione individuale e tutta interiore? Perchè non coltivare con perseveranza anche esperienze di questo tipo? Quante idee possono sorgere in momenti come questi… Chi l’ha detto, come viene suggerito anche nel paragrafo finale dell’articolo preso in esame,  che una vita sociale sempre intensa e movimentata sia indice di un’esistenza migliore? Si punta spesso sulla quantità  (anche in contesti diversi da quello specifico delle relazioni sociali), trascurando magari la qualità dei rapporti e il significato effettivo che essi hanno per noi. Per quanto riguarda più specificamente l’invidia (sentimento di cui tanto ci si vergogna, ma in fondo abbastanza naturale) consiglio di non perdersi in pensieri ed elucubrazioni tutto sommato inutili. Piuttosto, in momenti di sofferenza come questi (perchè l’invidia è anche sofferenza) suggerisco l’azione, il darsi da fare, subito, senza troppo rifletterci su, in particolare nel campo in cui si avverte una propria carenza o inferiorità. Gli altri potrebbero diventare anche uno stimolo importante per il proprio miglioramento, darsi all’azione traendo da loro ispirazione mi sembra tutto sommato l’atteggiamento più giusto.