”Quale futuro per le nostre città: la città interculturale? “

Normalizzare con l’inclusione degli immigrati nella cultura dominante o intrecciare le culture?

Non può essere stimolante e seducente immaginare, progettare la città del futuro?

Una vibrazione piacevole e attivante mi ha percorso quando ho letto la locandina del convegno svoltosi il 9 e 10 febbraio a Modena presso il centro servizi didattici dell’Università di Modena e Reggio Emilia, nell’ambito del Festival della Migrazione, col titolo ”Quale futuro per le nostre città: la città interculturale? “. Si tratta di intelligere e dare una forma positiva a ciò che è già in corso e viene vissuto come un’emergenza, il flusso migratorio, ma che è sempre avvenuto nei corsi e ricorsi della storia. Quando è stato governato con lungimiranza ha dato vita a un fiorire di benessere e cultura, vedi la convivenza di Arabi Cristiani nel regno di Federico II, o il felice incontro di culture che si attuò a Saragozza prima delle guerre di religione, o riferendoci a tempi più recenti, cosa era Sarajevo prima della guerra della ex-Jugolslavia. Purtroppo una retorica pre-elettorale nazionalista e populista sta scatenando in tutta Europa una campagna di paura contro lo sconosciuto che viene a toglierci qualcosa . Intendiamoci, la globalizzazione e la crisi economica che subiamo dal 2008 suscita preoccupazione fra le classi meno abbienti e che i servizi sociali non possano venire incontro a tutti i nuovi poveri è un dubbio che serpeggia, ma anche su questo ci sono molti pregiudizi e bisogna tenere conto di tutti i fattori che interagiscono.

La prima cosa importante è che quello dell’intercultura è un tema molto politico, perché riguarda proprio la democrazia, la partecipazione di tutte le componenti della polis alla ricerca di un certo dialogo perché alla fine vincano tutti . A proposito di crisi economica e democrazia vorrei sottolineare l’intervento del sindaco di Patrasso Kostantinos Peletidis perché è un “ambasciatore”di un cambiamento che si può attuare, proprio quando le cose vanno peggio: la Grecia ha pagato caro il precipitare degli errori economici che han messo in ginocchio il suo popolo, Kostantinos parlava di casi di svenimento a scuola per fame, ma la lucidità di vedere i problemi nella loro complessità e il coraggio di chiamare le cose col proprio nome , ha fatto sì che si fosse più aperti e solidali verso tutti i tipi di emigrazione, economica , persecuzione politica, carestie. Infatti questa crisi è una crisi del capitalismo finanziario che ha distrutto il lavoro e ha spostato il potere economico e decisionale nelle mani di pochi che vogliono l’accesso alle materie prime, vendono armi per alimentare guerre locali che impediscano lo sviluppo e l’autodeterminazione dei popoli coinvolti e giustificano la presenza e la guida “tecnica” dei vecchi paesi colonialisti o del Fondo Monetario Internazionale che esige crediti insolvibili che tolgono la terra e ogni diritto a quegli abitanti che credevano lo schiavismo fosse finito. Quindi il sindaco di Patrasso, città -porto verso l’Occidente, ha esortato a farsi le domande giuste, perché i migranti vogliono abbandonare il proprio paese, e la necessità di un governo il più allargato possibile per gestire equamente le ricchezze dei popoli e scongiurare una guerra mondiale. In lui ho sentito una saggezza antica accompagnata da una semplicità che faceva apparire naturale che egli fosse con degli studenti e principianti dell’intercultura in Italia, invece di essere a presiedere i festeggiamenti nella sua città, mi è spiaciuto non aver tempo per intervistarlo.

Ecco, non si tratta di scaricare una App e così abbiamo “rivoluzionato “ la nostra vita e abbiamo che so, una smart-city, moderna e felice, è questo che ci si vuole far credere, un cambiamento “neutro” che grazie alla tecnologia tutti possiamo fare senza sforzo, senza ore di tavoli di confronto, conflitti, mediazioni,e ci mantenga comodi nel poter guardare le cose da un punto di vista nostro che ci confermi nella nostra appartenenza, identità, storia, con tutti quei bei ricordi correlati che ci coccolano e che ci lasciano al centro del mondo come da bambini. Debbo confessare : credere che l’amministrazione modenese si apra veramente a una coprogettazione della città interculturale suona difficile,visto che i residenti finora sono stati frustrati da tentativi di coprogettazione attorno al piano regolatore in cui i cittadini non hanno potuto incidere che in modo apparente, mentre le circoscrizioni con le loro assemblee di quartiere erano nate dopo la guerra allo scopo di una partecipazione diffusa.

Ma chi crede nell’intercultura, crede nell’IMPREVISTO, per questo mi sono lasciata attraversare da

un brivido di speranza e ho comunicato a tante persone attive la bellezza di questo incontro che si propone di ridisegnare dal basso , cioè dalle comunità cittadine un modello di convivenza evolutivo.

Ma cosa significa INTERCULTURA? Bruno Ciancio, esperto in città interculturale per il Consiglio d’Europa, ha spiegato quattro caratteristiche che la contraddistinguono a livello pratico:

  • rapporto di uguaglianza fra le culture
  • dare valore alla diversità
  • interazione culturale
  • rispetto

Dalle precedenti esperienze di integrazione si è visto come ad esempio in Australia, l’applicazione della politica del MULTICULTURALISMO non abbia dato buon esito perché le varie culture vivono separate le une dalle altre e le prime stanziatesi spesso non accettano quelle più recenti venendo spesso in competizione e scontro le une con le altre o al massimo restando indifferenti.

La tolleranza non è sufficiente. L’erosione dei diritti umani di qualcuno, e qui stiamo parlando di EGUAGLIANZA, prima o poi porterà all’erosione anche dei nostri, è sotto gli occhi di tutti, lo stiamo vedendo nell’ambito del lavoro, col riemergere sotto altri nomi , spesso inglesi e accattivanti del lavoro a cottimo.

Interazione vuol dire dialogo, cioè che i vari interlocutori sono disposti a mettersi in discussione nei propri presupposti cercando di gettare ponti e non divisioni, perciò pluralità di punti di vista, cercando di non condurre tutto al modello di consumo predominante.

Meticciare le culture ma con rispetto delle differenti sensibilità a partire dalla scuola , perchè come osserva la pedagogista Franca Pinto Minerva, il diritto all’istruzione è fondamentale ed è uno dei pochi diritti garantito dallo Stato, molto più di altri come la casa, il lavoro, l’assistenza sanitaria. La scuola ha dovuto già fronteggiare problemi riguardo le differenze, dal genere, al ceto sociale, le disabilità, e oggi le diverse etnie e culture.

“E’ dunque a scuola che i bambini e le bambine hanno l’opportunità di imparare ad analizzare le pluralità dei percorsi attraverso i quali i diversi popoli hanno costruito, nel corso della storia, differenti versioni del mondo. E’ a scuola che possono affrontare attività di analisi-confronto tra codici culturali diversi ed esercitare il pensiero a decentrarsi, a distanziarsi dai propri modi di leggere e interpretare la realtà-a guardare e guardarsi con lo sguardo degli altri-e a ritornare nella propria cultura, rileggendola e ripensandola attraverso l’esperienza del confronto. E’ a scuola che possono costruire, dunque, quel pensiero nomade e migrante indispensabile per una reale e costruttiva cultura della pace, dello scambio(vedi R.Pannikar , Wimmer,ecc..),in un’ottica interculturale”(Pinto Minerva,2002,p.41)

Ed è dalla scuola che è partita la sindaca di Novellara Elena Corletti per avvicinare l’inclusione delle diverse etnie che abitano quel distretto con una forte storia di diritti dei lavoratori e delle donne.

Nella scuola primaria si è presentato un problema tra chi voleva il tempo pieno e chi i moduli, una separazione tra chi poteva permettersi la mensa e chi no; allora grazie la mediazione del Comune con l’USL sull’importanza del CIBO a prescindere del tempo-scuola e dell’obbligo mensa, si è determinato che chi non poteva pagare si portava da casa il cibo condividendo così il momento mensa. Riguardo i moduli e il tempo pieno c’è stata tensione nelle famiglie poi si è studiato un orario che mescolasse i diversi tempi scuola all’interno della stessa classe con rientri affinché non ci fossero classi”ghetto”. Ci hanno guadagnato tutti, anche le prove invalsi sono migliorate.

Insomma una lunga negoziazione che dà frutti nel futuro come la serie di buone pratiche che non sono più spezzettate ma coordinate, dove i mediatori culturali lavorano insieme ed entrano nei vari tavoli decisionali. Il volontariato si sta aprendo alla partecipazione delle diverse etnie , ma l’aumento del livello culturale per tutti rimane il presupposto di una vera partecipazione.

E’ fondamentale essere in rete per avviarsi come città interculturale ed essere assistiti dal Consiglio Europeo che, dopo la raccolta dei dati che fotografano la situazione da integrare, fornisce consigli e controlla in seguito che tutto sia efficentato , ma non c’è la formula magica, localmente ci si mette in gioco e dapprima occorre una strategia “Anti-rumores”, qui entra in scena Daniel del Torres

Barderi, presidente della rete città interculurale della Spagna, che dal 2007 ha studiato l’argomento e ha immaginato come sarebbe stata Barcellona nei 10 anni a venire osservando il ritmo crescente dell’immigrazione. Ha ipotizzato che tutte le associazioni ed entità dovessero partecipare al processo di rinnovamento interculturale dei servizi, dell’urbanistica, del lavoro per mantenere continuità al processo al di là del succedersi dei governi. Per un anno si è costruita una strategia anti-rumores, cioè contro i pregiudizi per combattere quell’ostilità ignorante che frena i cambiamenti. Ciò costituisce un impegno politico, bisogna assicurarsi che tutte le componenti siano rappresentate, evitare l’istituzionalizzazione, occorre ascoltare proprio tutti evitando che si sentano giudicati, il processo deve essere stimolante ed è preferibile scegliere per la campagna persone in grado di contagiare altri alla partecipazione; anche i tecnici del comune devono essere coinvolti perché non si ha successo se essi non sono convinti. Se il risultato di partecipazione è molto positivo le istituzioni devono mettere in conto di perdere un po’il controllo. Tutta la energia spesa non va dispersa, deve rimanere patrimonio della cittadinanza :”l’abbiamo fatto noi! “

La assessora Urbelli di Modena ha chiesto ai partecipanti al workshop di formulare tre proposte da sottoporle per cominciare ad avviare un processo interculturale. Vedremo gli sviluppi, intanto la formazione continua, ci saranno altri seminari, il prossimo a Milano, per costruire una rete italiana di città interculturali che possano fare “massa critica”.

L.F.