Ciao a tutti e benvenuti a questo nuovo appuntamento con la nostra mitica newsletter. Se rammentate (termine, questo, davvero obsoleto ma intrigante), in una nostra vecchia newsletter avevamo tratto spunto inizialmente da un affascinante dipinto del grande Caravaggio conservato alla Galleria Nazionale d’Arte Antica a Palazzo Barberini in Roma. Si trattava di Narciso, probabilmente molti di voi lo conosceranno, è un’opera interessante sotto diversi punti di vista e abbastanza nota, anche se non famosissima. Bene, anche oggi vorremmo partire dall’immagine di un dipinto, e in questo caso ci spostiamo proprio nella nostra Modena, nella stupenda Galleria Estense. Qui è collocato un piccolo dipinto, Madonna cucitrice, del pittore Giovan Francesco Caroto, in qualche modo idoneo a ciò di cui oggi vi vogliamo parlare.
Vi sono raffigurati la Madonna, il bambino Gesù e San Giovannino, rappresentati figurativamente in uno stile che ricorda molto il grande Andrea Mantegna, con colori aranciati molto attraenti e vivaci. Senza addentrarci in un’analisi approfondita, basti dire che, tra i vari elementi che colpiscono l’attenzione, possiamo individuare l’atteggiamento birichino di Gesù, che solleva delicatamente il velo della madre, l’espressione stupita di San Giovannino, ma, in modo particolare, il fatto che Gesù possegga, indipendentemente dalla leggerezza del gesto, uno sguardo decisamente serio. Riflettendoci un poco, il suo volto sembra quasi quello di un adulto, è coscienzioso, concentrato, riflette e conseguentemente fa riflettere l’osservatore. Perché parlare oggi di questo dipinto? Perché la Madonna intenta a cucire, con un’espressione seria e anche vagamente stanca, ci induce a pensare alla pazienza, virtù necessaria per delicate attività come, in questo caso, il cucire, ma anche da utilizzare in mille altre situazioni e in tanti ambiti della vita.
In fondo, possiamo dircelo tranquillamente, è da un anno a questa parte che tutti noi portiamo una grande pazienza, il coronavirus continua imperterrito a mettere a dura prova le nostre capacità in questo senso, siamo stanchi, rattristati, ci sembra di vivere in una sorta di terribile incubo che, seppure ora intravediamo qualche spiraglio, ci induce a scavare in noi quantitativi sempre maggiori di pazienza, sopportazione e, al contempo, estrema vigilanza e attenzione.
Proprio in riferimento alla pazienza, abbiamo individuato, spulciando su internet, un interessante articolo di Annamaria Testa, pubblicato su Internazionale.it, ricco di spunti interessanti sull’argomento. Un primo concetto importante, ad esempio, è che, contrariamente a quanto si potrebbe in un primo tempo pensare, la pazienza non è affatto da intendersi come una condizione passiva, tutt’altro. Si tratta di una condizione, come scrive Testa, dinamica ed operativa, che metti in atto quando persisti nel fare ciò che devi, seppure in situazioni avverse e nonostante in quel momento continuare nell’azione rappresenti per te un peso. L’autrice, con uno stile vivace, cita pure alcuni personaggi che si sono espressi sull’argomento, come la psichiatra americana Judith Orloff , che, oltre a rimarcare quanto la pazienza sia “attiva”, precisa trattarsi di una condizione importante per gestire stress e frustrazione e restare centrati anche in situazioni avverse.
Nell’articolo viene altresì sottolineato come l’essere pazienti non rappresenti affatto un automatismo, ma sia anzi una scelta consapevole. In pratica, ci viene da dire, noi decideremmo di essere pazienti, ci impegneremmo consapevolmente al fine di raggiungere, in determinati contesti e situazioni, questo forte e particolare atteggiamento. Anche per essere pazienti, quindi, è logico supporre ci voglia tanta energia, tanta concentrazione. In questi casi, probabilmente, la nostra determinazione si deve orientare verso una specifica condizione mentale (una sorta di forma mentis) alla quale, in molti casi, corrisponderanno coerenti azioni.
Ritornando all’articolo suddetto, l’autrice cita anche un articolo su Medium in cui si sottolinea quanto questa dote sia importante in un lavoro creativo, come può essere, sottolinea Testa in base alla sua esperienza personale, anche il lavoro della scrittura e soprattutto la qualità dello stesso. E poi, altro fattore importante, si tratterebbe di una condizione “intrinsecamente ottimistica e proiettata nel futuro” perché, naturalmente, prevede ci poniamo obiettivi a lungo termine. E se ciò non bastasse, riportiamo testualmente, “l’essere pazienti è correlato positivamente con lo stato soggettivo di benessere, con la capacità di essere empatici, con il grado di apertura mentale, con l’autocontrollo”. Insomma, ragazzi, vi abbiamo iniettato una dose sufficiente di fiducia verso questa dote che a volte, soprattutto in questa epoca storica, è un tantino sottovalutata? Certo, in quest’ultimo periodo, come scritto anche all’inizio, tutti abbiamo in fondo sperimentato questo stato d’animo, è stato praticamente necessario, ma sono in fondo tantissimi i momenti della vita in cui dobbiamo (e dovremmo in futuro) esercitare quella che oggi viene tecnicamente definita “resilienza”. E per farlo è necessario convogliare verso l’obiettivo tante risorse ed energie, come, ad esempio, la forza d’animo e, perché no, una buona dose di coraggio. Forse, ci viene da aggiungere, ciò che può spronare maggiormente in tal senso è il tenere bene a mente la grandiosa bellezza dello scopo finale, di ciò che, con tanta pazienza, vogliamo raggiungere. Una padronanza tenace di noi stessi, in questi casi, può portare davvero a confortanti risultati.