Ciao a tutti e benvenuti al consueto appuntamento con la nostra mitica newsletter. Partiamo subito da un interrogativo, semplice semplice, da cui forse ci si aspetterebbero risposte in un certo senso universali, valide per tutti: cosa sarebbe il mondo senza musica? Già immaginiamo la vostra reazione, del tipo : “Oddio, sarebbe tutto più triste, verrebbe a mancare un elemento fondamentale della nostra vita, non proveremmo più quelle grandi emozioni che le sette note sanno donarci”, e via dicendo. Ebbene ( e qui sta il nucleo centrale dell’odierna newsletter) non tutti potrebbero pensarla così, alcune persone probabilmente rimarrebbero del tutto indifferenti innanzi a questa fantasiosa eventualità. Come è possibile, direte voi? Ma la musica non è l’arte universale per eccellenza? Non rappresenta, in fondo, una dolce e suadente compagna di vita per tutti, sin da quando si è bambini?
In realtà sembrerebbe proprio di no, abbiamo scoperto esistere la cosiddetta “anedonia musicale”, una condizione che caratterizza la personalità di alcune persone e che consiste sostanzialmente in una sorta di disinteresse per la musica. Specificando meglio, come abbiamo appurato da un articolo di circa due anni fa de ilPost.it, per questi individui la musica (tutta la musica, indipendentemente da una distinzione per generi) è noiosa, priva di interesse, non li emoziona. E non perché non siano in generale capaci di provare piacere (esperito magari in altri campi, come l’alimentazione o la sessualità), e neppure perché risentono problematiche di percezione musicale ( in questo caso si parlerebbe propriamente di amusia), semplicemente la loro è una sorta di apatia nei confronti di questa forma artistica, apatia per la maggior parte di noi magari incomprensibile, difficilmente concepibile.
L’anedonia musicale, come specificato nell’articolo suddetto, viene studiata da anni da un gruppo di studiosi del settore neurologico, alcuni del Bellvitge Biomedical Research Institute di Barcellona, altri che lavorano in istituti di ricerca del Canada. Ed è stata proprio una ricerca canadese a studiare, al contrario, perché a molti di noi viene la cosiddetta “pelle d’oca” quando ascoltiamo un pezzo musicale che ci emoziona, specificando trattasi in fondo di un rilascio della dopamina che fa accrescere la frequenza cardiaca e respiratoria, provocando oltretutto mutamenti nella temperatura corporea. Fenomeni che, naturalmente, non si verificano in chi è caratterizzato da anedonia musicale.
Spulciando su Internet, abbiamo cercato altri approfondimenti sull’argomento e siamo incappati in un più recente articolo di Psiconline, curato dal dott. Andrea di Maio, nel quale si racconta di vari studi svolti per comprendere meglio il fenomeno. Si è ad esempio appurato che le differenze di sensibilità alla musica (riguardanti quindi quelle che si potrebbero definire ricompense musicali) sono correlate alla cosiddetta connettività funzionale nella corteccia uditiva. In modo particolare, sarebbero coinvolte la corteccia uditiva sopratemporale e lo striato ventrale, un’area fondamentale nel processo di ricompensa. In pratica, la capacità di emozionarsi con la musica dipende dall’azione congiunta di queste due aree. Si è poi realizzata una nuova ricerca, condotta attraverso un esperimento che ha visto coinvolti 38 volontari e l’utilizzo della risonanza magnetica funzionale alle immagini, attraverso la quale si è cercato di comprendere se la sensibilità musicale fosse determinata dalla maniera in cui le zone del processo di percezione e le aree del sistema di ricompensa fossero collegate.
Senza entrare troppo nello specifico dello svolgimento pratico relativo all’esperimento, lo studioso Josep Marc- Pallares ha dedotto che la sensibilità alla musica è collegata alle strutture della sostanza bianca che uniscono la corteccia uditiva e sopratemporale con quella orbito frontale e, dall’altro lato, la corteccia orbito frontale con lo striato ventrale.
Ci siamo un poco dilungati su aspetti tecnico-scientifici, ma era giusto cercare di inquadrare con precisione le caratteristiche di un fenomeno per molti di noi così strano da comprendere, per quanto non privo di interesse e fascino. Chissà (questo potrebbe rappresentare lo spunto per un prossimo nostro articolo) se non esistono metodologie o esercizi per far si che anche i più insensibili alla musica possano in qualche modo “ravvedersi”. Le occasioni, a livello di fruibilità, di certo non mancano, perché, oggi più che mai, siamo circondati di musica e, grazie in modo particolare ad internet, le possibilità di ascoltare i propri pezzi preferiti sono a portata di mano (anzi, di smartphone). Non è detto che comunque questa sorta di apatia specifica musicale rappresenti un problema per le persone coinvolte, anzi. E’ più casomai una difficoltà nostra che non riusciamo pienamente a comprenderli. Magari loro sono sensibilissimi ai capolavori dell’arte pittorica e scultorea, oppure vivono con passione la visione di film o sceneggiati, o traggono un’intensa soddisfazione dal cibo. Gli esperimenti compiuti lo dimostrano chiaramente: non si tratta di persone che non riescono a provare piacere (quella si sarebbe una condizione molto problematica, che purtroppo coinvolge anche molti individui vittime di forti depressioni), ma che non si emozionano nello specifico all’ascolto della musica. E’ un argomento davvero interessante, vedremo se in future newsletter avremo modo di approfondirlo ulteriormente.