Mangiare soli non fa bene

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Ciao a tutti e benvenuti all’appuntamento settimanale con la nostra newsletter. Allora ragazzi, diciamocelo chiaramente: mangiare ( e soprattutto mangiare bene) è uno dei piaceri più graditi ed entusiasmanti della vita. Il cibo dà soddisfazione, gratifica, a volte colma dei vuoti fastidiosi e lenisce le nostre tristezze. In quanti, magari a causa della rottura col partner, della scoperta di un tradimento, o, più semplicemente, a seguito di un brutto voto a scuola o di un fallimento lavorativo, si sono trovati nella loro cucina a rimpinzarsi delle peggiori schifezze, quasi colti da un irrefrenabile attacco bulimico. A questo proposito, mi permetto di aprire una breve parentesi: consiglio caldamente, per ricompensare una delusione di qualunque tipo, l’utilizzo di quella cioccolata in crema alle nocciole, di cui non faccio il nome, ma che sicuramente tutti voi conoscerete. Da questo punto di vista, è semplicemente fantastica, rinvigorisce e allieta i momenti più terribili. Bene, detto questo, ritorniamo a noi.

Una volta appurato che mangiare ( senza eccedere) dà grande piacere, è necessario ( ce lo dice la scienza, e fra poco scoprirete il perchè) delineare gli opportuni distinguo. Se è vero infatti che in alcuni momenti mangiare da soli dà un senso di soddisfacimento davvero importante, è anche plausibile che, almeno a livello generale, il sedersi attorno ad una lunga tavolata in compagnia delle persone a noi più care, rappresenti un piacere ancora più intenso, in un certo senso più coinvolgente, totalizzante. Perchè? Probabilmente la risposta è in realtà molto semplice, quasi ovvia: un pranzo o una cena in compagnia combinano alla mera gratificazione del cibo in sè, il vivace entusiasmo della conversazione fra persone che, in linea di massima, stanno bene insieme, amano interagire e arricchirsi con la conoscenza reciproca. Un nutrimento, quindi, che diventa non solo fisico, ma anche psicologico, spirituale.

Queste riflessioni mi sono state stimolate da un articolo letto sul sito dell’ Huffington Post, scritto da Ilaria Betti, secondo il quale, dati statistici alla mano, la solitudine a tavola può essere, a lungo andare, tutt’altro che piacevole. Si asserisce infatti che, se qualche volta mangiare da soli può essere divertente, soprattutto per il senso di libertà che ad esso si accompagna ( nessuno ci guarda, possiamo esagerare con le quantità e concederci peccati di gola), farlo troppo spesso, regolarmente, può scatenare tristezza, contribuendo sostanzialmente ad arrecare l’effetto contrario. Più nel dettaglio, tutto questo lo si evince da un sondaggio della Oxford Economics, le cui conclusioni parlano chiaro: su 8250 adulti britannici, gli individui che mangiano regolarmente da soli raggiungono un punteggio di 7,9 punti inferiore, rispetto alla media nazionale, relativamente alla variabile felicità. I ricercatori sottolineano che mangiare in solitudine regolarmente rappresenta addirittura uno dei maggiori ” fattori di rischio” di infelicità tra quelli sperimentabili quotidianamente, pur non detronizzando l’influenza negativa delle malattie mentali che, da questo punto di vista, detengono il primato tra le cause scatenanti. Al contrario, ovviamente, mangiare in compagnia contribuisce alla nostra contentezza e soddisfazione di vita. Il professore di psicologia Robin Dunbar, che ha collaborato allo studio, afferma di non essere a conoscenza del motivo specifico per cui esiste una tale differenza, ma azzarda l’ipotesi personale per cui, in un’epoca veloce e frenetica come la nostra, ritrovarsi a mangiare in compagnia diventa un vero e proprio rituale sociale, capace di far sentire i partecipanti più ” connessi” ( mi verrebbe da dire, in questo caso, senza l’ausilio di uno schermo dal quale ormai tendiamo ad essere dipendenti). In particolare, il professore spiega come chimicamente questo avviene: quando, come nel caso di un pasto consumato in compagnia di altri, ci relazioniamo alle persone e sviluppiamo il nostro essere sociali, il nostro cervello produce endorfine che ci regalano una piacevole sensazione di benessere e di rilassamento.
Ripeto, senza ombra di dubbio mi viene da condividere tutto ciò che lo studio e le opinioni del professore delineano con tanta chiarezza. Aggiungerei però la considerazione, tutta personale, che il piacere è intenso e goduto fino in fondo principalmente quando la compagnia è quella giusta e desiderata. E’ vero che tutti gli incontri e le interazioni sociali in qualche modo arricchiscono e fanno esperienza, ma capita nella vita di partecipare a cene magari solo formali, o comunque poco significative, di cui si può fare tranquillamente a meno. E qualche volta, mi preme ancora sottolinearlo, una goduriosa e compiaciuta trasgressione alimentare da soli, nella propria cucina, può salvare il morale ( almeno temporaneamente). Cito al proposito una vecchia canzone di Irene Grandi, che in pochi ricorderanno, ma che aveva una sua verità: “Del mio castello sono la regina, ed il mio regno è la cucina…”. Alla prossima…