Allora, partiamo dal presupposto che è molto difficile riuscire a capire quanto si è effettivamente intelligenti. In genere, quando viene posta una domanda sulla suddetta questione alle persone, la risposta più usuale è : ” Mah, non so, credo di avere un’intelligenza nella media…” Risposta un po’ banalotta, se vogliamo, ma statisticamente abbastanza corrispondente al vero. Detto tra parentesi, quanto mi piacerebbe sentire da una persona un’ affermazione del tipo : ” Penso di avere un’ intelligenza inferiore alla media, credo di essere sostanzialmente stupido”. Ecco, per tutti coloro che magari non lo dicono, ma che si sentono essere subdotati dal punto di vista intellettivo o avere comunque importanti carenze, possiamo rivelare una rincuorante notizia: l’intelligenza non rende più felici, è una pura illusione pensarlo! Attenzione, però: qui per intelligenza non si intenderebbe soltanto il quoziente intellettivo vero e proprio, ma anche, e soprattutto, la capacità di raggiungere gli obbiettivi prefissati nella propria vita, risultando, almeno apparentemente, dei vincenti.
Tutto ciò sarebbe stato dimostrato da un accurato studio compiuto da Raj Raghunathan, insegnante di marketing all’università del Texas, in un libro dal titolo anche vagamente provocatorio, ” If You’re So Smart, Why Aren’t You Happy?” che starebbe per ” Se sei così intelligente, perché non sei felice?”. Innanzitutto lasciatemi dire che il discorso in sé, così come è impostato, lascia un tantino a desiderare. Il concetto di felicità infatti è talmente tanto complesso che, associarlo ad un’unica, seppur importante, variabile non può che risultare riduttivo, se non, addirittura, fuori luogo. Penso che nessun elemento della vita, da solo, non combinato con altri, possa portare ad uno stato di completa serenità . In fondo, è un po’ come il vecchio detto che i soldi non danno la felicità . Verissimo, se anche sei milionario, ma vivi in uno stato di salute pessimo, è molto difficile tu possa provare una gioia effettiva.
Anche la salute stessa, assolutizzata e non accompagnata da una situazione economica dignitosa, non può certo appagare del tutto. Sicuramente essere svegli, intelligenti e saper raggiungere con grinta e determinazione i traguardi in qualche modo prefissati, aiuta a sentirsi vivi, aperti al mondo, sicuri di sé e delle proprie capacità . Ma da qui alla felicità ( e in questo Raghunathan penso abbia pienamente ragione) il cammino è ancora lungo. Ma vediamo, più nel dettaglio, cosa l’autore effettivamente pensa sull’argomento. In un’intervista rilasciata a “The Atlantic”, il professore dice che le persone molto intelligenti tendono a preoccuparsi eccessivamente dei risultati, quando invece dovrebbero prestare maggiore attenzione alla creatività . La soddisfazione non deve nascere solo dal raggiungimento di un obbiettivo, ma anche dalla contentezza di creare qualcosa e di essere completamente assorbiti in quell’attività .
Un po’ come fanno i bambini, che riescono a non farsi distrarre da obbiettivi inutili e fanno ciò che più li diverte, lasciandosi completamente coinvolgere dai loro giochi. Tutto questo mi ricorda molto l’enfasi che in questi tempi, secondo me giustamente, viene attribuita all’importanza del vivere il presente in modo pieno e intenso, senza permettere alla mente, per quanto possibile, di lasciarsi sopraffare da continui pensieri sul futuro e da uno stress eccessivo causato dal continuo rimuginare sulle cose da fare e sulle mete da raggiungere. Sembra essere molto efficace, da questo punto di vista, l’utilizzo e la diffusione di tecniche come la Mindfulness, studiate ed applicate appositamente per concentrarsi sul presente e, come dice il nome, vivere la pienezza della mente. Un altro problema che, secondo Raghunathan,  avrebbero le persone intelligenti sarebbe la paura di commettere degli sbagli, di fallire. Il professore invita tutti coloro che covano questi timori,  che sicuramente non rappresentano un elemento positivo per il raggiungimento della felicità , a ricordare gli sbagli commessi in passato nella propria vita, quegli stessi sbagli che magari in quel periodo erano stati valutati come catastrofici, ma che poi si sono rivelate straordinarie opportunità di crescita e di apprendimento.
Penso che i consigli dati dal professore siano tutti positivi e costruttivi, anche se mi sembra trapeli da suddette riflessioni lo stereotipo che le persone molto intelligenti e brillanti debbano per forza voler raggiungere chissà quali risultati, e siano coinvolte in vite particolarmente dinamiche all’insegna di un agognato perfezionismo. Non credo sia sempre così, conosco persone dall’indubbia intelligenza che vivono pacifici la loro quotidianità , senza troppe mete da raggiungere e senza progetti esageratamente ambiziosi. Può darsi si tratti di eccezioni, o di uomini che hanno interiorizzato le direttive di Raghunathan prima delle loro pubblicazioni.
Magari accorgendosi, con l’esperienza, quali fossero i modi migliori per rimanere sereni e tranquilli in un mondo sempre più caotico e, a tratti, isterico. Anche questo è un modo intelligente di rapportarsi al mondo. Ma poi, cos’è realmente l’intelligenza? Quante intelligenze esistono? E cos’è realmente la felicità ? Ancora una volta, meditate…