Fenomeno Hikikomori sotto osservazione, anche della società

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Ciao a tutti e benvenuti al nuovo appuntamento con la nostra newsletter. Incredibile a dirsi, ma ci stiamo avvicinando a Màt, Settimana della Salute Mentale di Modena. Mancano ancora alcuni mesi, è vero, ma noi di Radio LiberaMente già stiamo pensando all’evento, che anche quest’anno seguiremo attraverso interviste e “radiocronache”.

Durante lo scorso Màt si è parlato, tra le altre cose, di un tema molto importante, che sembra coinvolgere attualmente sempre più persone: il fenomeno Hikikomori. Per chi non conoscesse esattamente il significato del termine, rammentiamo che con questa parola vengono indicate quelle persone (spesso giovanissimi, ma non solo) che si ritirano completamente dal mondo esterno, vivendo esclusivamente nella propria stanza, trascorrendo gran parte del tempo tra internet e videogiochi. Ogni interazione sociale viene così annullata, gli individui rimangono chiusi nella propria camera (e nel proprio mondo), probabilmente per una sorta di reazione difensiva alle pressioni esercitate dalle società oggi più sviluppate. Non per nulla, i ragazzi tendono a “diventare” hikikomori durante alcuni passaggi fondamentali dell’esistenza, come la conclusione delle scuole superiori, quando, volenti o nolenti, si è chiamati a decidere concretamente sul proprio futuro.

Su questo problematico fenomeno, abbiamo individuato un esauriente articolo su HuffingtonPost.it, nel quale si delineano alcune caratteristiche salienti di questa particolare condizione psicologica-sociale. Si cita, ad esempio, quanto affermato all’agenzia Diare da Chiara Illiano, professionista che si occupa di questo disturbo per la regione Lazio, e che specifica appunto come il fenomeno sia causato principalmente dalle pressioni esercitate dalla nostra società per la realizzazione sociale. Ecco quindi il manifestarsi del disturbo soprattutto tra i 15 e i 20 anni, anche se non mancano, sia in Giappone che in Italia, ultra 40enni e ultra 60enni Hikikomori (si configura quindi giocoforza come un fenomeno inter-generazionale).

Scontato sottolinearlo, il disturbo si è aggravato ed ha preso più piede a causa della pandemia, soprattutto nel periodo autunnale scorso, quando si è verificato un accrescimento delle richieste di aiuto, da parte dei ragazzi ma anche dei loro genitori. Un fattore importantissimo, evidenziato da Iliano, è che l’Hikikomori è un fenomeno sociale (non quindi psichiatrico) ma che genera psicopatologia, ed è importante proprio per questi motivi che sia preso in considerazione dall’intera società, e non valutato soltanto come condizione individuale (appartenente soltanto al singolo), attribuendo quindi molta importanza al lavoro collettivo nelle scuole, in uno sforzo di prevenzione che in questi ultimi periodi, con le scuole chiuse, è stato molto complicato realizzare.

Iliano, tra gli altri spunti molto interessanti che si evincono dall’articolo, dice essere fondamentale per risolvere la problematica che “si crei una rete virtuosa per restituire all’adolescente la fiducia nel mondo e nella società”, attraverso la formazione di gruppi di auto aiuto e ascolto.

Anche durante Màt 2020 si è parlato di Hikikomori, con un incontro in remoto intitolato “Dalle dipendenze digitali al fenomeno Hikikomori”, ben raccontato in una delle nostre “radiocronache”che trovate sul sito di Màt. Riassumendone alcuni punti essenziali, tra le varie tematiche trattate, si sono elencati i sintomi del fenomeno Hikikomori, come, per fare degli esempi, le assenze a scuola, la paura degli altri, la regressione infantile, distorsione del tempo, depressione e pensieri suicidi. Si è anche cercato di comprendere come, concretamente, possa effettuarsi la terapia in questi casi, sottolineando, tra l’altro, le varie modalità terapeutiche con cui può intervenire lo psicologo: seduta familiare, seduta in studio, via skype o domiciliare. L’approccio ideale sembra essere una psicoterapia integrata, caratterizzata da una lettura sistemica della patologia, terapia centrata sul soggetto, impronta psicosomatica e tecniche cognitivo-comportamentali. Insomma, sembra trattarsi di una problematica da tenere assolutamente sotto osservazione, molto complessa perché in un certo senso sfaccettata. Per questo motivo è importante, ci viene da aggiungere, una sensibilità accorta e profonda da parte di tutti e quella forma di analisi propriamente olistica che sembra avere molto successo in tante modalità terapeutiche