“E inutile uomini e donne sono diverse anche nel mondo della depressione”

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Senza ombra di dubbio, uno dei problemi più diffusi in questo ambito è quello della depressione, una malattia spesso invalidante, che può annientare le energie dell’individuo e fargli letteralmente perdere la voglia di vivere. Sicuramente negli ultimi decenni sono stati compiuti grandi passi in avanti nell’affrontare tale problema. Un tempo, quando non si conoscevano ancora le caratteristiche specifiche di questa patologia, e quando soprattutto non la si considerava ancora tale, le persone depresse erano spesso ritenute indolenti, a cui mancava forza di volontà. Non che oggi questo atteggiamento da parte di familiari e amici sia del tutto sorpassato, nel senso che capita ancora di sentire le persone più vicine ai depressi esortarli con frasi tipiche, quali: “dai, datti da fare”, “cerca di stare su di morale”, “sforzati”.

Purtroppo, quando soprattutto la depressione è molto forte, anche la forza di volontà ne viene compromessa, per cui consigli di questo genere risultano vani. Ormai è acclarato dagli psichiatri che la depressione è una vera e propria malattia, da prevenire al più presto, cercando di comprendere i suoi segnali anche tra i più giovani. A tal proposito, contrariamente a quanto si potrebbe pensare in modo istintivo, questo disturbo riguarda anche gli adolescenti, forse perchè vivono in modo graduale ma complesso il passaggio verso l’età adulta. Tra l’altro, notizia curiosa che abbiamo appreso girovagando per il web, esisterebbe una maniera differente tra uomini e donne di soffrire la depressione, e questo sembra essere propriamente riscontrabile tra gli adolescenti. A tale conclusione è arrivato uno studio del Regno Unito, di cui è stato autore il Dott. Jie-Yu Chuang, neuroscienziato, ricercatore presso l’università di Cambridge. E’ stato importante sottolineare, ad esempio, che all’età di quindici anni ci sarebbe una maggior probabilità da parte delle ragazze giovani di ammalarsi di depressione rispetto ai maschi.

Addirittura sembra che la possibilità di sviluppare tale malattia sia due volte maggiore. Le cause possono essere le più diverse, come ad esempio l’immagine che si ha del proprio corpo o, in modo più fisiologico, gli sbalzi ormonali e i fattori genetici. Ma la vera rivelazione di questo studio è la conclusione che, mentre per gli uomini il disturbo depressivo rischierebbe di diventare più facilmente permanente, per le donne avrebbe un carattere più episodico. Inoltre, gli uomini potrebbero andare incontro più facilmente a drammatici effetti derivanti dalla depressione, come ad esempio l’abuso di sostanze o addirittura il suicidio. Questa interessante ricerca pone l’accento oltretutto su come la stessa attività cerebrale dei giovani verrebbe influenzata dalla depressione in modo diverso a seconda del genere (durante l’esperimento su cui lo studio si è basato i ricercatori hanno anche utilizzato una risonanza magnetica per controllare l’attività cerebrale dei ragazzi). Queste differenze relative ai sessi hanno portato gli studiosi a interrogarsi sul bisogno di utilizzare metodologie di trattamento e di prevenzione differenti in base al genere (maschile e femminile), soprattutto nell’intento di evitare peggioramenti che potrebbero essere deleteri. L’argomento è particolarmente appassionante, anche perchè abbiamo scoperto che diversità tra uomini e donne riguardano anche, più in generale, l’approccio alla malattia. La prof.ssa Cinzia Niolu, responsabile Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura, Policlinico Torbergata, è arrivata alla conclusione che mentre le donne sono più concentrate sulla loro profonda interiorità e sulla dimensione del dolore e della perdita soggettiva, riuscendo tra l’altro ad aprirsi di più e a parlare dei loro sentimenti e delle loro emozioni, gli uomini tendono a rilevare soprattutto gli effetti esterni del proprio disagio, concentrandosi principalmente su ciò che in modo concreto non riescono più a fare bene. Mentre quindi le donne sono più “interiori”, gli uomini prestano maggiore attenzione, ad esempio, ai danni della patologia nelle prestazioni lavorative, pur chiedendo aiuto più di un tempo ai medici.

Ci preme anche sottolineare le conclusioni alle quali altri studi e ricerche sono pervenuti relativamente a questi problemi, alla loro incidenza sulla società e alle loro cause. Innanzitutto è fondamentale l’attuale constatazione che si tratti di una malattia particolarmente “democratica”, nel senso che interessa ogni età (anche se ci possono essere fasi della vita più sensibili) e prescinde da una particolare appartenenza socio-economica. Le cause possono essere molteplici. Ci può essere una depressione endogena, determinata quindi geneticamente, ma il disturbo depressivo può essere causato anche da fattori più esterni. Importante a questo proposito quanto rilevato dal 22° Congresso Nazionale della Società Italiana di Psicopatologia, il quale sottolinea come, ad esempio, anche i più giovani si ammalino in seguito all’esposizione a fattori di rischio legati alle dipendenze da sostanze e dalla tecnologia.
La prima adolescenza viene addirittura definita come la fase più critica, mentre, abbastanza comprensibilmente, le donne più vulnerabili sono quelle con un carico familiare e lavorativo importante, magari non sostenute in modo adeguato dal welfare e dalla famiglia stessa. L’OMS indica come nel prossimo decennio si verificherà una crescita della depressione e la SOPSY, Società Italiana di Psicopatologia, evidenzia come siano le emergenze sociali il fattore scatenate principale di questo tipo di disturbi. Una società come quella attuale, iperconnessa, che coinvolge la persona in ritmi frenetici e richiede rapidissimi tempi di risposta, non può che favorire malattie di questo tipo, in modo particolare considerando anche la generale mancanza di sicurezze socio-affettive ed economiche (la crisi economica degli ultimi tempi e la povertà crescente non possono che incrementare un sentimento di inquietudine e paura).

Riteniamo sia utile e doveroso considerare tutti questi fattori e, come esposto inizialmente, la differenziazione tra uomini e donne, per individuare strategie di cura più appropriate, nella fiduciosa convinzione che la scienza possa addirittura arrivare a prevenire un malessere talmente penoso e dagli esiti talvolta drammatici