Ciao a tutti e ben ritrovati all’appuntamento settimanale con la nostra newsletter. Come ormai spero tutti sappiate, la nostra radio ama coniugare la musica con uno spiccato interesse per la salute mentale, e siamo ormai tutti d’accordo che i brani musicali ( quando sono validi, ma spesso anche quando qualitativamente non risultano eccelsi) regalano positività all’animo. Senza la musica la nostra vita sarebbe terribilmente più monotona ed aspra, a volte diventa quasi necessario isolarci dal mondo e sognare ad occhi aperti in compagnia dei nostri pezzi musicali preferiti. Una volta Fellini disse addirittura a Nicola Piovani che la musica era pericolosa, probabilmente volendo rimarcare con forza, e con un pizzico di ironia, l’intensa suggestione emotiva che questa forma d’arte produce sull’uomo, inevitabilmente, quasi a dispetto della nostra capacità di controllarla. Basterebbe già questo a nobilitare straordinariamente la fruizione musicale, ma non è tutto!
Avete ad esempio mai sentito parlare dell’effetto Mozart? Io molto frequentemente, ma pensavo si trattasse di una mera leggenda. Mi sono documentato e ho scoperto che sono stati realizzati vari studi scientifici sull’argomento, al fine di comprendere meglio la validità di tale curiosa teoria. In pratica, sembrerebbe che l’ascolto della Sonata in re maggiore per due pianoforti del mitico Wolfgang Amadeus Mozart sia in grado di provocare un temporaneo aumento delle capacità cognitive. Molto interessante! In buona sostanza l’ascolto di Mozart renderebbe più intelligenti, anche se qui poi il discorso si farebbe lungo e complesso. Ormai è infatti appurato che esistono varie forme di intelligenza, e quindi bisognerebbe comprendere di quale tipo di intelligenza stiamo parlando. E poi, in che senso ” temporaneo aumento”? Vuol forse dire che dopo l’ascolto della sonata torniamo di nuovo nelle condizioni di partenza? Che comunque con l’ascolto della musica qualcosa si smuova anche nella parte del nostro cervello più razionale, oltre che nella psiche più profonda, sembra ormai assodato.
Sono venuto a conoscenza, infatti, di uno studio molto particolare, che sicuramente contribuirà in modo significativo ad avvalorare questo tipo di ipotesi. La ricerca è stata compiuta da due studiosi – Simone Ritter dell’Università di Radboud e Sam Ferguson del Politecnico di Sidney, in Australia – i quali affermano sostanzialmente che, quando bisogna risolvere un problema complesso, l’ascolto di una musica allegra e dinamica può stimolare la ricerca di soluzioni creative, particolarmente innovative, che esulino dai soliti schemi mentali e dalle nostre canoniche modalità di ragionamento. In pratica, mi verrebbe da dire, avremmo come degli improvvisi lampi di genio, e, soprattutto, usciremmo da una sorta di ” routine” nel nostro modo di utilizzare il cervello e di scovare in esso idee appropriate alla situazione. Tutto ciò sarebbe relmente molto positivo, anche perchè in una società come la nostra, dinamica e mutevole, la capacità di rinnovarci e di adattarci attraverso nuovi schemi mentali è senza ombra di dubbio auspicabile. Molto interessante è anche il modo in cui è stata compiuta la ricerca. I due studiosi hanno fatto ascoltare ad un gruppo di 155 persone alcuni brani di musica classica, per poi valutare, sia prima che durante l’ascolto, la loro capacità di risolvere alcuni problemi. In particolare i partecipanti sono stati suddivisi in cinque gruppi ed hanno ascoltato quattro differenti tipi di musica ( calma, felice triste e ansiosa), mentre un gruppo di controllo non ha ascoltato nulla ( o, meglio, ha ascoltato il silenzio). I pezzi musicali ascoltati sono anche stati categorizzati per la loro valenza emotiva ( positiva o negativa) e di eccitazione ( alta e bassa). Il risultato è stato abbastanza sorprendente, nel senso che la musica per così dire ” felice” ( positiva e molto eccitante) verrebbe a stimolare, a detta dei ricercatori, la capacità creativa di trovare innovative soluzioni ai problemi. Più nello specifico, verrebbe potenziata la ” creatività divergente” delle persone, ovvero la loro capacità di arrivare ad una risoluzione dei problemi uscendo dalle ” classiche” maniere di ragionare.
Anche qui mi verrebbe da porre qualche necessario interrogativo. Come per il ricordato effetto Mozart, ci sarebbe da chiedersi se l’effetto altamente benefico di quel tipo di musica sia solo estemporaneo o si faccia sentire, almeno per un pò di tempo, anche successivamente all’ascolto. Ma nel complesso le conclusioni a cui sono giunti i due ricercatori mi paiono, oltre che significative, altamente probabili. D’altronde è esperienza comune che la musica vivace attivi i sensi e la mente, alle volte facendoci addirittura catapultare in un mondo tutto nostro fatto di felicità e spensieratezza totale. Può darsi benissimo che, in quelle condizioni, stimolati dalle sette note, il nostro cervello ci sorprenda, e, come per ringraziarci dell’allontanamento da una quotidianità a volte noiosa e difficile, ci suggerisca nuove idee. Penso però che questo tipo di ascolto non debba essere troppo persistente, per evitere l’assuefazione che potrebbe derivarne, e quindi il ricadere in una nuova forma di routine. E non mi sento neppure di sminuire l’importanza del silenzio assoluto, che personalmente negli ultimi tempi sto rivalutando. In questo mondo iper-connesso, ritagliarsi spazi di quiete per riflettere ed elaborare le informazioni credo sia un bene. Magari non emergeranno soluzioni particolarmente originali, ma decisioni sagge e meditate si. C’è bisogno delle une e delle altre.