I Cani in “Non finirà” cantavano: ” Riportiamo le filosofie in cantina con le religioni e la playstation 2″. E forse giunto il momento di rottamare la psicanalisi, il vecchio divanone e le teorie del dottor Freud? Per Mohamed al Kadi si. Infatti questo creativo ventiquattrenne di origine saudita, ma residente a San Francisco, avrebbe brevettato una sorta di terapia tramite chatbot, cioè via messaggio, nella sua startup Sibly. A Mohamed questa idea è venuta quando anch’egli si è trovato ad affrontare un periodo d’ansia durante gli studi universitari, e soprattutto riflettendo sulla situazione che esiste nel suo paese d’origine, l’Arabia Saudita, dove non si parla di terapia e c’è un forte stigma sociale. Senza considerare i costi che non tutti riescono purtroppo a sostenere.
Da qui l’idea di aprire la “terapia” a tutti telefonicamente. Il gruppo iniziale che ha progettato la startupp era composto esclusivamente da tre persone. Oltre a Mohamed, cofondatori sono stati Paula, psicologa specializzata nel campo delle dipendenze patologiche, e Omar, che si è occupato principalmente della parte tecnica e dello sviluppo della app. Successivamente a loro si è unito un team di 20 terapisti. Psicologi, direte voi? Assolutamente no! Sono state selezionate persone comuni, senza esperienza nella salute mentale, con come unici requisiti una spiccata sensibilità e precedenti esperienze nel volontariato.
Dunque una sorta di telefono amico dove stringere nuovi rapporti umani e trovare conforto nei momenti di difficoltà? Non proprio… Per 9,99$ alla settimana anonimamente a rotazione chatterete con il “terapista” di turno in quel momento, supervisionato in remoto da Paula. Inizialmente non comunicherete neanche con una persona ma con una macchina dotata di intelligenza artificiale e per non più di due ore al giorno. Sibly ovviamente non si pone come sostituta di una terapia tradizionale, e i suoi operatori ( macchina compresa) non vogliono prendere il posto di medici specializzati. Ma dunque, ricapitoliamo: terapie non terapie, terapisti non terapisti, intelligenza artificiale… Oddio, ma dove siamo finiti? In un episodio di Black Mirror?
Per ora, tra i sostenitori e finanziatori di questo originale progetto si stanno avvicendando importanti aziende, che vorrebbero utilizzarlo per il benessere psicologico dei propri dipendenti. Funzionerà? Speriamo solo che in caso di malfunzionamento il robot elargisca copiosamente giorni di ferie pagati e che ci dica quanto stiamo bene con il nostro nuovo taglio di capelli, dal momento che si potranno mandare anche foto, gif e faccine!