Ciao a tutti e ben ritrovati al consueto appuntamento con la nostra newsletter. Questa settimana desideravamo approfondire, seppur nel breve spazio del nostro articolo, la tematica riguardante il rapporto tra arte e psicologia. Già in una newsletter precedente, infatti, vi avevamo espsto varie considerazioni su ” My bed”, una famosa opera di arte contemporanea realizzata da Tracey Emin, divenuta ormai, data la sua popolarità, una sorta di ” icona” nel mondo dell’arte a noi più attuale.
Per chi di voi non la ricordasse, rammentiamo trattarsi, molto semplicemente, di un letto matrimoniale sfatto, con tanto di lenzuola sporche, e con una marea di oggetti disordinatamente disseminati nell’area del tappeto celeste che completa il tutto. Oggetti come assorbenti, sigarette, fazzoletti, bottiglie di alcol ecc. Con questa sorta di installazione, caratterizzata dal prelievo diretto di un oggetto dalla propria realtà, Tracey Emin ci ha presentato un’immagine emblematica ( e particolarmente convincente) di un suo personale periodo di depressione, vissuto in seguito alla fine di una storia d’amore.
Questa settimana volevamo parlarvi di un’altra affascinante opera, tesa, in un certo senso, alla raffigurazione di una vicenda autobiografica, o che, quantomeno, sembra trarre spunto da essa. Si chiama ” Still life” ed è sostanzialmente un breve video ( di soli tre minuti e quarantaquattro secondi), realizzato nel 2001 dalla nota artista Sam Taylor-Wood. Per comprendere appieno l’opera, è necessario sapere che la sua autrice, pur essendo all’epoca molto giovane, aveva già combattuto contro due attacchi di tumore maligno. Inevitabilmente queste drammatiche esperienze, come lei stessa raccontò, avevano influito sulla sua opera, caratterizzandola in maniera potente. In ” Still life” possiamo osservare, in un primo momento, una semplice cesta di vimini su cui è posizionata della frutta ( pesche, mele, pere e uva). Il tutto sembra essere collocato su un tavolo di legno, su cui è appoggiata anche una biro. Bene, dopo pochissimo tempo il video rivela tutta la sua forza e drammaticità, in quanto gradualmente possiamo osservare che la frutta, all’inizio così rassicurante, marcisce, lasciando sulla cesta una scura poltiglia.
Sam Taylor-Wood ci ha regalato, con una granitica immediatezza, la visualizzazione e, contemporaneamente, la consapevolezza, della provvisorietà della vita, dell’incombere della morte sul destino di ciascuno di noi, della putrefazione del corpo, dello sfiorire della bellezza e, perchè no, del gusto stesso della vita ( la scelta di quei frutti invitanti e dei loro caldi colori potrbbe non essere casuale). L’artista è partita da dei momenti tristi, se non angoscianti, della sua esistenza, ed ha sublimato le sue sensazioni in un video che rappresenta se stessa, ma anche, inevitabilmente, tutti noi.
Anche nei secoli passati sono state realizzate opere di questo genere, basti ricordare quei meravigliosi dipinti ( soprattutto seicenteschi) incentrati sul tema della ” Vanitas”, di cui ” Still life” può essere considerata una sorta di versione contemporanea. Sarebbe molto lungo parlare compiutamente della declinazione del tema nei dipinti più antichi, basti ricordare che in genere si trattava di nature morte caratterizzate da elementi quali la clessidra, il teschio, fiori appassiti, frutta bacata ( vi ricorda qualcosa?), tutti incentivanti una riflessionesulla caducità delle cose terrene, la brevità della vita e la transitorietà dei piaceri mondani. Tutto ciò non per instillare una sorta di invalidante depressione, ma per stimolare l’attenzione sui valori più spirituali, gli unici che non periscono e che sono destinati a salvare le nostre anime. Il termine ” vanitas”, è importante sottolinearlo, richiama i versi iniziali del libro sapenziale del Quohlet ( o Ecclesiaste): Vanitas vanitatum et omnia vanitas ( vanità delle vanità, tutto è vanità).
Ritornando all’opera di Sam Taylor-Wood, sappiamo già che molti di voi farebbero notare la semplicità del lavoro, come spesso capita innanzi alle produzioni artistiche contemporanee. Il ” potevo farlo anch’io” è sempre dietro l’angolo, anche se qui forse è un tantino più difficile da sostenere, in quanto dovrebbe essere prevista almeno un’approfondita conoscenza relativa alla produzione di video. Ma, aldilà di questo, voi pensate realmente che, ad esempio, un kollosal cinematografico costosissimo e ricco di effetti speciali potrebbe rendere con più efficacia e immediatezza il senso di transitorietà del nostro ” Still life”? Ne dubitiamo fortemente, e, anche in questo caso, come nella realizzazione di ” My bed”, comprendiamo come, a volte, la semplicità non sia un limite ( o addirittura uno svantaggio), ma anzi costituisca un valore aggiunto.
Ultima cosa: non sappiamo se l’opera sia stata realizzata prima o dopo l’attacco alle Torri Gemelle, ma quel 2001 che ne costituisce la datazione rappresenta indubbiamente uno spunto di riflessione importante sulla capacità dell’arte di trascendere l’esperienza più soggettiva e personale, arrivando a configurarsi come emblema universale del nostro ineluttabile destino.